II scoglio



Il vino


Il passo di apertura dello scoglio sul Vino; di nessun rilievo, se non per la simpatia che dimostra.

“Vino?”.
Il colonnello Yervers non aveva mai provato ad essere senza vino o senza qualche sorta di alcool dentro di sé. Una volta non essendogli stato possibile procurarsi degli alcolici, bevve dello spirito per lucidare i mobili. Quando il dottore gli disse: “Ma vuol dirmi che le era impossibile procurarsi dell’acqua?”. Il colonnello rispose: “Mio buon amico, Lei non ha mai provato che cosa sia la vera sete, altrimenti saprebbe che non è certo quello il momento di pensare a lavarsi”.

Per questo scoglio va premesso che il problema dell’eccessivo consumo, o peggio abuso, degli alcolici è sempre stato più preoccupante nei Paesi del Nord d’Europa che in quelli Mediterranei. Tuttavia quando si parla di giovani e delle loro indulgenze verso se stessi, il discorso monitorale è sempre valido.

Oltre alla tentazione di bere fra buoni amici vi è quella anche più prepotente di bere da soli per tentar di dimenticare le proprie miserie personali – di spirito e di ambiente – “annegando i guai nella coppa ricolma”.
Una continua sfortuna nelle vostre cose, una depressione dovuta a cattiva salute o a delusioni, una casa senza gioia o un ambiente squallido, tutto ciò induce l’uomo a cercare facile rifugio in una gola surriscaldata e in un cervello abbruttito.

“Facile a dirsi, ma che si deve fare allora? Dopo tutto se è una buona via di uscita, e se dà qualche momento di una certa serenità, o almeno dimenticanza, per breve tempo, perché non permettersi di bere un sorso?”.
Bene, la risposta è che ciò non può che significare la rovina della mente e del corpo del pover’uomo. Egli perde ogni controllo della volontà e perde la sua energia; e queste due cose sono le più importanti del carattere.
Quando uno ha preso l’abitudine di bere, o peggio ancora l’abitudine alle droghe, la sua possibilità di essere felice in questo mondo è perduta. Con la salute rovinata e una diminuita capacità di lavoro cederà ad altre tentazioni, quando si presenteranno al suo carattere indebolito, e discenderà fino alla bassezza e al delitto, non avendo più alcun potere su se stesso. Affonderà sempre più in un’esistenza miserabile, come un buono a nulla e un reietto, finché la morte venga a estinguerlo.

L’accondiscendere alle proprie debolezze può comportare la rovina per il singolo e il danno per la comunità. È quello che capita quando si segue la folla, voltando le spalle al pericolo. Ma guardando davanti a te, guidando da te la tua canoa con padronanza di te, raggiungerai con tutta sicurezza la parte dello scoglio esposta al sole, e in questo modo acquisterai un carattere più forte, che ti renderà sicuro contro le altre tentazioni della debolezza.
E perciò ti aiuterà sulla strada del successo.

BP per sua natura nutre un acceso spirito patriottico, che ha trasmesso come valore anche allo scautismo, per cui nel vizio appena descritto vede un “pericolo per lo Stato” che descrive con gran coerenza e buon senso. Riportiamo il passo integralmente.

Un individuo con la testa a posto e con un forte carattere non si lascerà trascinare dalla massa; saprà quando fermarsi. Sono gli sciocchi che compongono la massa e si lasciano condurre dagli altri e dalle loro miserie; non hanno la risolutezza “di prender le armi contro il loro mare di sventure” [Shakespeare, Amuleto].
Dove essi sono numerosi l’esempio si propaga e diventa una malattia di massa. Essa indebolisce la salute e la capacità di guadagno, come pure la serenità, di una parte della popolazione, facendo diminuire la felicità generale la prosperità di tutti.
Trasforma in miserabili tuguri i focolari dei quali gli uomini hanno la responsabilità; distrugge il loro rispetto di se stessi, la loro virilità e la capacità di pensare; in una parola, il loro carattere.
Questo è un pericolo per lo Stato.
Una comunità che comprende un certo numero di spiriti deboli e incapaci di pensare è portata a divenire preda dei folli disegni di agitatori che possono condurre questo gregge per il naso.
Perché una nazione sia forte è necessario che si composta da uomini di carattere.

Nonostante un quadro così inquietante e parole così aggressive, BP ritiene che il proibizionismo, in quanto estremo opposto, non porti a niente di buono. 

Ma il proibizionismo soprattutto offende i sentimenti delle persone libere e serie che preferirebbero correggersi da sole, per intimo convincimento, ed alle quali dà fastidio un rimedio imposto dal di fuori da riformatori, per quanto ben intenzionati.
Far voto di temperanza è un passo, ma è soprattutto un aiuto per i caratteri più deboli. L’uomo dotato di forza di volontà si porrà francamente il problema di dover resistere alla tentazione, se mai si presenti, e di proclamare la propria libertà di fronte alla tirannia di quella.
Il proibizionismo non sarà necessario in una nazione di carattere; la generazione che sta crescendo provvederà alla sua propria riforma.

Come per lo spazio dedicato al risparmio, BP invita ad un vita attiva e mattutina come la sua. Anche in questo libro fa un richiamo all’importanza di un giornata mattiniera. E forse proprio pensando al risveglio in tenda ci ha lasciato quest’altro particolare dell’identikit dello scaut. 

È vero che sto scrivendo alle cinque e un quarto di un rigido mattino d’inverno, ma se no mi fossi alzato sempre di buon’ora in tutta la mia vita, non avrei mai avuto il tempo di trarre da essa neanche la metà del piacere che ho avuto.

Pensa che se ti prendi un’ora in più ogni giorno saranno trecentosessantacinque ogni anno, ossia tre settimane di tempo attivo in più della maggior parte dei tuoi simili.
Personalmente calcolo di avere tredici mesi all’anno invece che dodici.  Alcuni allungano invece le loro giornate restando alzati la sera, quando corpo e spirito sono affaticati. Niente vale come il primo mattino per smaltire il lavoro.

In conclusione dello scoglio sul Vino va ad analizzare i rimedi per non cascare nei pericoli descritti. Diciamo che descrive i fini metodici di un’altra componente del sistema educativo: il roverismo. 
Il primo è la padronanza di sé…

Ci sono vari elementi che contribuiscono alla formazione del carattere. Parlo di quel carattere che fa di un uomo, un uomo, o meglio, un gentiluomo.
Il primo di questi elementi è la padronanza di sé. L’uomo che sa dominare se stesso, la sua collera, la sua paura, le sue tentazioni (tutto insomma salvo la sua coscienza e la sua vergogna), è sulla strada di divenire un gentiluomo.
Per gentiluomo non intendo un bellimbusto con ghette, monocolo e molto denaro, ma un uomo sul cui onore si può contare, un uomo retto, cavalleresco e servizievole in ogni occasione. […]
La gente si beffa di quell’articolo di Legge scout che dice che quando un ragazzo è nei guai, nel pericolo o nella sofferenza, deve sforzarsi di sorridere o fischiettare e ciò cambierà subito il modo di guardare le cose.
Eppure non conosco nessuno che non abbia approvata questa idea una volta che l’abbia sperimentata egli stesso. Raggiunge innegabilmente l’effetto desiderato e inoltre, più viene praticata, più la padronanza di se stessi si sviluppa come un’abitudine, quindi come parte della propria personalità.

La padronanza di te stesso non ti permette solamente di dominare le cattive abitudini, ma ti dà anche il controllo dei tuoi stessi pensieri.
E questo è un punto di vitale importanza per la tua felicità.
Forzati sempre a vedere il contorno luminoso che si trova dietro la nuvola più tetra, e potrai affrontare con piena fiducia anche una prospettiva nera.
L’ansietà è la conseguenza di pensieri deprimenti; una volta che l’hai dominata sostituendola con un sereno spirito di fiducia, non ha i mai bisogno di ricorrere al bere per darti il coraggio dell’ubriacone oppure l’oblio.
Uno dei grandi benefici della pratica della padronanza di sé è la facilità che essa dà di girare il commutatore dei tuoi pensieri trasferendoli da un soggetto sgradevole a qualche altra cosa gaia e piacevole. 
Se ti ci metti, puoi coltivare questa abitudine di “chiudere” una cellula del cervello che contiene pensieri cattivi e “aprirne” una nuova con dentro ideali positivi.
In questo modo puoi far di te stesso un uomo nuovo.


Ricordati questo: “Se hai ragione non c’è bisogno di arrabbiarti, se hai torto non te lo puoi permettere”. Questa è una citazione ricorrente in diversi punti del libro.

…passa, poi, alla fedeltà…

Un altro punto che tende alla formazione del carattere (il miglior antidoto contro l’alcoolismo) è la fedeltà verso gli altri e ancora di più la fedeltà verso noi stessi. […]
La fedeltà è un punto eminente della personalità.

La fedeltà è una qualità molto preziosa; chiunque abbia un vero senso dell’onore deve coltivarla e mantenerla saldamente nella buona e nella cattiva fortuna.

Il capo ha bisogno della fedeltà dei suoi uomini, ma anch’egli deve dimostrare la sua fedeltà verso di loro e questo punto viene messo in rilievo nella Legge scout, dove dice che “Lo Scout è fedele ai suoi capi e ai suoi dipendenti”.

E poi deve essere fedele anche alla causa per cui lavora. Questa è la parte più difficile del compito di un capo.
Per esempio, poca gente si rende conto della terribile responsabilità di un generale sul campo di battaglia quando, malgrado tutta la fedeltà verso i suoi uomini, egli deve mettere sulla bilancia il fatto che la loro vita non è una questione del presente, mentre il risultato della battaglia può significare tutto per l’avvenire; dunque deve rischiare la vita di questi uomini che ama e che hanno fiducia in lui, per una considerazione di ordine più elevato: la sicurezza e il benessere del paese.

Ma c’è anche la fedeltà verso noi stessi: la tentazione arriva, la coscienza dice “no”, l’istinto dice “si”.
T’innalzi o ti abbassi secondo che tu obbedisca all’una o all’altro. Se tu hai paura e cedi, vai giù e perdi il rispetto di te stesso.

…quindi, la sincerità…

Per quanto l’ufficiale potesse essere abile in via generale nel nascondere la sua vera identità, se trattato da mentitore non poteva fare a meno di infiammarsi per l’insulto e di tradirsi.
È esatto. La parola “bugiardo” è una pugnalata per un uomo d’onore. Non posso sentire questa parola usata, come avviene spesso alla leggera, dagli uomini o dai ragazzi quando discutendo questioni del tutto ordinarie dicono, “Sei un bugiardo”.
A forza di sentirlo, suppongono che ci si abituino, ma un uomo d’onore non si può mai abituare. Per lui è sempre il peggior insulto possibile.

…e il rispetto di se stessi.

Il rispetto di se stessi è un elemento importante della personalità e un uomo che no sa rispettare se stesso (l’ubriacone, il pigro, il bugiardo, o il medicante non sanno farlo) non può aspettarsi di essere rispettato dagli altri.

Cita quindi una “debolezza” che espone anche in altri libri: la mancia.
Uno Scout deve fare la sua Buona Azione verso il prossimo per pura cortesia e buona volontà e non accettare alcun compenso.
L’uomo che accetta una mancia si degrada abbassandosi al livello di un mendicate che accetta l’elemosina.
Sono stato terribilmente desolato nel vedere le mance diffondersi, da qualche anno in qua, tra i tassisti, i facchini di albergo, i camerieri, ed altri sempre affamati di qualche soldo dai loro clienti.
Eppure come uomini dovrebbero vergognarsi di essere trattati con condiscendenza da altri e di ricevere l’elemosina. […] Finora siamo stati troppo virili e troppo rispettosi di noi stessi per abbassarci fino a questo punto.
 
Correlata alla padronanza di sé, molto importante, è l’autosuggestione.  BP la presenta come antidoto principale contro la disordinata ricerca dei piaceri, classica della concupiscenza umana, ancor più nel giovane debole.  
Naturalmente quanto segue va preso col beneficio del dubbio, non certo per mettere in discussione il messaggio, ma perché pur sempre si sta parlando di realtà relative e l’autosuggestione non è un rimedio scientificamente infallibile. 

L’autosuggestione o padronanza di sé è ora divenuto oggetto di studi scientifici e molti dottori vantano una magnifica lista di gente guarita dalle loro sofferenze o malattie con lo sforzo della loro stessa volontà.
In vari casi avrai sentito parlare di cure notevoli realizzate grazie alla “fede nella guarigione”, cioè attraverso la convinzione dell’ammalato stesso che il male lo abbandonerà. […]
L’idea è che, per curarti del tuo male devi usare l’immaginazione piuttosto che la volontà.
Il dottor Coué una volta spiegò così la differenza: se si mette una normale tavola di legno per terra, ci si può camminare sopra con grande facilità.
Mettete la stessa tavola come ponte fra due tetti di case, a circa trenta metri sopra la strada, e non riuscirete a passarci. La vostra volontà vi spinge ad avanzare per passare dall’altra parte; la vostra immaginazione vi fa pensare che cadrete, e sconfigge la vostra volontà. E questo è generalmente il rapporto che esiste fra le due. È l’immaginazione che vince.
Dunque, se soffri, devi concentrare i tuoi pensieri e immaginare dentro di te il sollievo che desideri, poi immagina che lo stai ottenendo a poco a poco, e ben presto ti accorgerai che l’hai veramente ottenuto.

Cedere a se stessi  proviene dal concentrare l’attenzione sui propri desideri sessuali; la cura è quella di distogliere il nostro interesse da noi stessi per dirigerlo su altre cose o persone. Dedicati a qualche attività di tempo libero. Comincia ad esplicare verso gli altri un disponibilità ed una simpatia dinamica, e tra l’altro ti troverai a fare ulteriori progressi nella costruzione della tua personalità. […]
N.B. Un’individualità ipersviluppata, significa egoismo sfrenato, che è l’esatto contrario di ciò che vogliamo. L’individualità con un carattere è un’altra cosa, è un uomo che possiede autodisciplina, energia, abilità, cavalleria, fedeltà e tutte le altre qualità che fanno un uomo per bene. E quando queste qualità sono imbrigliate al servizio della comunità, diventa qualcosa di più di un uomo per bene, è un buon cittadino.